Dichiarazione di voto
Data: 
Martedì, 7 Maggio, 2024
Nome: 
Paolo Ciani

A.C. 1018-A

Grazie, Presidente. Colleghe, colleghi, oggi siamo chiamati a votare una nuova norma di compressione delle libertà, l'ennesima che questo Governo sta mettendo in atto dal suo insediamento, una norma sbagliata, ingiusta, pericolosa, ed è evidente che voteremo no.

Infatti, la legge che discutiamo rivela, sin dalle sue premesse, le chiare intenzioni di escludere le comunità islamiche dall'applicazione della legge recante la disciplina delle associazioni di promozione sociale, i cui contenuti sono trasfusi nel codice del Terzo settore; lo fa utilizzando il pretesto della compatibilità urbanistica dell'uso delle sedi e dei locali impiegati dalle associazioni di promozione sociale per la loro attività.

In sostanza, si stabilisce che, per le religioni che non hanno sottoscritto un'intesa con lo Stato, le associazioni culturali che utilizzano un immobile non possono adoperarlo come luogo di culto.

Secondo i proponenti, l'articolo 71 del codice del Terzo settore - cito testualmente e le dicono loro queste cose - sarebbe diventato “il grimaldello utilizzato dalle comunità islamiche per insediarsi nel territorio italiano creando moschee e madrasse nella completa indifferenza delle istituzioni, in spregio alla legge e nella sostanziale impossibilità a intervenire da parte delle Forze dell'ordine”.

Altro che provvedimento di natura urbanistica: la grande preoccupazione dei proponenti è che, nelle nostre città, si possano destinare dei luoghi al culto islamico.

Vediamo, però, cosa dice la nostra Costituzione in merito. In Italia, la libertà di culto è garantita dall'articolo 19 della Costituzione, che stabilisce che “tutti hanno diritto di professare liberamente la propria fede religiosa in qualsiasi forma, individuale o associata, di farne propaganda, e di esercitarne in privato o in pubblico il culto”.

Ebbene, sicuramente in questa affermazione rientra anche la religione musulmana ed è altrettanto sicuro che, per rendere concreta questa libertà, debbano essere destinati dei luoghi all'esercizio del culto, altrimenti si lascerebbe sulla carta un diritto, il che equivale, mi pare evidente, a privarlo.

Non entro sui temi della incostituzionalità, ben spiegati dai colleghi che mi hanno preceduto nelle pregiudiziali, ma voglio parlare della realtà.

In Italia, si stima ci siano circa 2 milioni di cittadini musulmani, che rappresentano circa il 3 per cento della popolazione totale del Paese. Questo dato include sia cittadini italiani di fede musulmana, che immigrati provenienti da Paesi a maggioranza musulmana.

È chiaro che procurare un vulnus all'esercizio del culto di questa comunità costituisce un serio problema. In questo momento storico, avere un rapporto con le comunità islamiche sul territorio significa avere un rapporto con gli imam, significa integrare queste comunità, significa evitare radicalizzazioni, impedire alle giovani generazioni di cedere alle fascinazioni di un Islam de-culturalizzato, spesso un Islam violento del web.

Indebolire queste comunità significa esporle ad un rischio maggiore. Proprio perché viviamo il tempo che viviamo, spesso i referenti islamici cercano un dialogo con i responsabili istituzionali, con le autorità cattoliche o con le associazioni di base e, quando c'è l'intelligenza del dialogo, si costruisce un tessuto di convivenza che evita spaccature e lacerazioni.

Nei quartieri delle nostre città ci si raduna per identità nazionali, o meglio, i fedeli islamici spesso si radunano per identità nazionali. Quindi, chiedere di chiudere questi luoghi o delocalizzare queste moschee vuol dire perdere interlocutori, coesione e possibilità di dialogo e di integrazione.

Poiché queste realtà esistono ed esisteranno, non si può fare a meno di avere a che fare con loro. Quello che si può scegliere è la modalità con cui farlo: costruttiva e positiva, oppure no, e questo “oppure no” mi sembra la vostra scelta.

È utile, quindi, contestualizzare quello che è accaduto nel nostro Paese in questi decenni, anche da un punto di vista culturale e di evoluzione dei rapporti.

Dal Concilio Vaticano II, infatti, quindi da oltre sessant'anni, sono cambiate profondamente le relazioni con le altre religioni, soprattutto a seguito del documento Nostra Aetate e dei nuovi rapporti e visioni della religione ebraica, di quella islamica e dei rispettivi credenti.

Da allora, molto cammino è stato fatto, con alcune tappe fondamentali. Penso a quella del 1986, promossa da Giovanni Paolo II ad Assisi, nell'indimenticabile incontro interreligioso di preghiera per la pace, alla base di quello spirito di Assisi che Sant'Egidio ha raccolto e da allora promosso, e che in questi anni ha dato molti frutti di incontro, conoscenza, pace, solidarietà, fraternità.

Ed è in questo solco, specificamente nell'ambito dei rapporti con l'Islam, che è maturato lo storico Documento sulla fratellanza umana per la pace mondiale e la convivenza firmato nel 2019, ad Abu Dhabi, da Papa Francesco e dal Grande imam sunnita di Al-Azhar, Ahmed Al-Tayyeb, un documento coraggioso, che condanna l'estremismo e l'uso politico delle religioni e ricorda il diritto alla libertà di credo, alla libertà di essere diversi, nonché alla protezione dei luoghi di culto.

Vi è poi un altro dato storico che può aiutare a ragionare sul perché questa proposta sia sbagliata.

Non dimentichiamo che i rapporti tra Stato e religione cattolica sono stati sanciti dapprima nel 1929, con i Patti Lateranensi, poi rivisti nel 1984, nel nuovo Concordato, non tanti anni fa, dopo secoli di storia.

Inoltre, è utile aggiungere anche alcune osservazioni, almeno per chi tra noi si professa cristiano o per chi tra noi è interessato alle vicende storiche dei popoli.

Il cristianesimo nasce come religione di una minoranza osteggiata e perseguitata. Nei primi tempi, i credenti si ritrovavano in luoghi di culto nascosti, perché non c'erano luoghi pubblici o era impedito di professare la propria religione. I credenti si riunivano per il culto in casa e, sinceramente, non credo che quelle che poi abbiamo definito domus ecclesiae, Presidente, possedessero i requisiti urbanistici per il culto, forse vale la pena di ricordarlo.

Aggiungo un aspetto contemporaneo. Colleghi che avete parlato prima, in queste ore, centinaia di migliaia di cristiani sono perseguitati nel mondo, come altre minoranze religiose, in Paesi che non riconoscono la libertà di culto e comprimono le libertà delle minoranze religiose. Giustamente ce ne scandalizziamo e solidarizziamo con loro e ci battiamo per i loro diritti. Ma lo facciamo solo perché sono cristiani o perché crediamo che professare una fede e partecipare al culto siano libertà fondamentali, da tutelare sempre e ovunque?. Che facciamo? Crediamo all'importanza dei diritti solo in trasferta? Purtroppo questo provvedimento è frutto di anni di disprezzo, da parte della destra italiana, nei confronti della religione islamica e dei suoi fedeli. Potrei citare tanti protagonisti e troppe parole, ma mi limito a ricordare l'azione di un eminente rappresentante dell'attuale Governo che, una quindicina di anni fa, propose il maiale day: passeggiate dei maiali - cito - nei luoghi dove chiunque pensi di edificare non un centro di culto, ma il potenziale centro di una cellula terroristica. Ecco, Presidente, lo dico chiaramente, anche dopo aver ascoltato alcuni interventi che mi hanno preceduto: smettetela di associare la parola islamico-musulmano alla parola terrorista! Offendete milioni di esseri umani, offendete persone che spesso sono le prime vittime dei terroristi.

Questa è la subcultura da cui discende questa norma, ma provo a seguirvi anche nella vostra idea di sospetto securitario. Pensate che sia utile, in quest'ottica, rendere il culto islamico clandestino e nascosto? Probabilmente non ve ne importa nulla della sicurezza che deriva dalla positiva convivenza tra diversi. A voi probabilmente non preoccupa creare una collisione con la comunità islamica che da anni vive e cresce nel nostro Paese, ma sappiate che antipatia, derisione, disprezzo creano fossati, spesso profondi, che, nel tempo doloroso di guerra e violenza diffusa che stiamo vivendo, vorremmo e dovremmo colmare, invece che ampliare. Ma cosa credete? Che chiudendo i luoghi di culto, la gente non preghi più? Ma che idea avete della fede e della religione? E, allora, cosa pensate di risolvere con una legge che vieta e non dà una soluzione? Questa norma, Presidente, pur nella sua brevità, prova a cancellare anni di dialogo e di integrazione con una comunità, quella islamica, che inevitabilmente continuerà a esistere, a pregare e a essere tra noi; ma, mentre ci auguriamo che presto si appuri l'incostituzionalità di questa norma, vi assicuriamo che, nonostante proposte come questa, non potrete fermare o cancellare tolleranza, solidarietà, fraternità, libertà, fondamenti della nostra Repubblica italiana e dell'Europa tutta.